Evidentemente le sorprese non sono destinate a finire.
A “bilanciare” quella, senz’altro positiva da un punto di vista di politica europea, dell’altro ieri, a seguito dell’accordo sul Patto di stabilità, ieri è arrivata la “doccia fredda” del voto contrario della Camera alla riforma del MES. Si potrebbe dire, prendendo a prestito una definizione calcistica, “1-1 e palla al centro”.
Ma non è così. E le ragioni sono più d’una.
La prima, puramente politica, evidenzia, una volta di più, come il nostro sia un Paese in cui il concetto di “comunità” fa fatica ad affermarsi. Eppure siamo tra i Paesi che, nel 1957, diedero vita alla CEE (Comunità Economica Europea) e ancor prima, nel 1951, insieme a Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi, alla CECA (Comunità Europea Carbone e Acciaio), si può dire, soprattutto il primo, due Istituti sostanzialmente alla base dell’attuale Comunità Europea. E’ più che comprensibile, quindi, la “diffidenza” con cui veniamo guardati dagli alleati ogni qualvolta ci si siede al tavolo delle trattative. Eppure, soltanto qualche giorno (ora) prima che alla Camera si aprisse il voto, lo stesso Ministro dell’Economia, aveva lasciato intendere che il provvedimento sarebbe stato approvato (anche se la soluzione preferita sarebbe stata l’ennesimo rinvio). Lascia comunque per lo meno perplessi che sia lui che la Presidente del Consiglio Meloni (seppur con la “scusa” dell’influenza) abbiano disertato i banchi parlamentari: difficile pensare non sapessero quale sarebbe stato l’esito del voto (frutto, evidentemente, di decisioni già assunte dai vari gruppi parlamentari), per cui meglio “girare al largo”, in modo da non esporsi ad “attacchi” diretti. La conclusione è che l’Italia ne esce politicamente isolata rispetto all’Europa (siamo l’unico, vale la pena ricordarlo ancora una volta, tra i 20 Stati membri, a non aver ratificato le modifiche al MES, impedendone la sua attuazione a livello europeo (è prevista l’unanimità). Le prime reazioni, come ovvio, non si sono fatte attendere, confermando la profonda delusione (anche se i termini utilizzati sono stati tutti, almeno per il momento, piuttosto “edulcorati”) da parte di Bruxelles e di molte capitali europee.
La seconda in termini di opportunità. Il nostro Paese, come ben sappiamo, è tra quelli “messi peggio” se guardiamo ai conti pubblici e alla crescita. Deficit superiore al 5%, debito/Pil al 140% (e soprattutto che non accenna a diminuire), crescita 2024 a + 0,6/0,7%. In più aggiungiamoci che siamo lo Stato membro che più ha beneficiato del PNRR (altro capitolo fonte di discussioni con l’Europa), per il quale gli stanziamenti complessivi si aggirano su € 200MD. Eppure “alziamo la voce” e diciamo no ad un provvedimento che, evidentemente, tanto negativo non è, visto che è stato votato da tutti gli altri Paesi. Tra cui ci sono quelli “sani”, che, quindi, ben difficilmente arriveranno ad utilizzarlo, ma ci sono anche quelli che “tanto sani” non sono (fermo restando che alcuni di questi in passato lo hanno utilizzato ed oggi stanno molto meglio di prima…): non si può certo pensare che lo abbiano votato perché avevano una “pistola puntata alla tempia” ovvero non sapessero quello che stavano facendo.
La terza è che, così facendo, si torna indietro al vecchio provvedimento (quello, cioè, a cui hanno fatto ricorso, durante la crisi del debito, Paesi come la Grecia, Cipro, Portogallo). Non vengono quindi votate le risoluzioni relative ai “prestiti bancari”, vale a dire il paracadute che sarebbe stato aperto per le Banche europee che si trovassero in difficoltà, sostenendo il Fondo Risoluzione Unico attivato dalle stesse banche. Nel momento in cui il Fondo si dovesse trovare in difficoltà, scatterebbe l’aiuto del MES.
Nel merito, il MES “rinnovato” sarebbe dovuto partire con un capitale di € 708 MD, di cui versati (dagli Stati aderenti) circa € 80 MD (gli Stati partecipano in base al “peso” del loro PIL a livello europeo: l’Italia, quindi, “vale” circa il 17,9%, vale a dire ha contribuito, per il momento, per € 14 MD circa). Nella nuova formulazione, il MES avrebbe dovuto prevedere che circa € 70 MD avrebbero potuto essere destinati al sostegno delle Banche in difficoltà, come sopra indicato. Inoltre, sulle nuove emissioni di titoli di stato, avrebbe dovuto essere prevista l’applicazione di una norma clausola che avrebbe reso più agevole l’eventuale ristrutturazione del debito. Con la bocciatura italiana, si rimane, pertanto, alla vecchia struttura, che “taglia fuori” gli aiuti alle banche, che, a questo punto, potranno essere sostenute solo dai Fondi di garanzia dei depositi istituiti dai singoli Stati, senza il concorso, quindi, degli altri Paesi.
E ora che succede? E’ probabile che, in un modo o nell’altro, le trattative sul MES continueranno: difficile pensare, infatti, che l’Europa si fermi. Certo si tratta di un incidente di percorso che contribuirà a gettare un nuovo alone di diffidenza verso di noi; ma da qui a pensare ad una “Italexit” ce ne corre (come dimostra l’andamento dello spread questa mattina: non fa una piega, “ancorato” ai 160 bp). Anche se, come minimo, è prevedibile che qualcuno ci richieda un po’ di coerenza.
Ieri sera pronto riscatto dei mercati americani alla giornata negativa di mercoledì. Il Nasdaq ha recuperato l’1,23%, mentre il Dow Jones si è fermato a + 0,87%. S&P 500 + 1,03%.
Mercati asiatici deboli, invece, nell’ultima seduta prima di Natale.
Il Nikkei a Tokyo è l’unico che rimane “aggrappato” alla parità (+ 0,10%), mentre Shanghai cerca di agganciarla (– 0,13%).
Peggio vanno le cose a Hong Kong, dove l’Hang Seng perde l’1,6%.
Sulla parità, a Seul, anche il Kospi.
Futures al momento leggermente negativi ovunque.
Continua la marcia verso l’alto del petrolio, con il WTI arrivato a $ 74,58 (+ 0,84%).
Gas naturale Usa a $ 2,571 (- 0,19%).
Oro a $ 2.062 (+ 0,44%), di nuovo vicino ai massimi storici.
Spread a 160,7 bp, con il BTP sceso al 3,58%.
Bund a 1,97%.
In controtendenza il treasury USA, al 3,90%.
€/$ tornato all’1,10, con l’€ in nuovo, seppur marginale, rafforzamento.
Bitcoin a $ 43.794, a conferma del buono stato di salute.
Buon Natale: Finanza & caffè torna mercoledì 27 dicembre.
Ps: le rapine e gli scippi non fanno più notizia. Anzi, paradossalmente, la vera notizia è quando vengono sventati. A maggior ragione quando a “resistere” è una persona anziana. Come ha fatto l’ex Commissario Tecnico della Nazionale italiana di scherma, Attilio Fini, 93 anni. Che, vedendosi puntare una pistola, ha prontamente reagito, dando un “cazzotto” al rapinatore (di certo non un suo coetaneo), facendogli cadere l’arma, spintonandolo lontano da lui e facendolo arrestare. Per una volta non ha reagito, verrebbe da dire, in “punta di fioretto”.